E’ scomparso nei giorni scorsi a Bologna Andrea Emiliani, una delle personalità più significative dalla metà del secolo scorso nel campo della Storia dell’Arte, della Museografia e, più in generale, della cultura storica che ha profondamente riconsiderato il rapporto tra l’opera d’arte e i suoi contesti sociali, con un privilegiato interesse ai problemi della conservazione e della fruizione dell’immenso patrimonio culturale del nostro Paese. Il suo impegno e il suo lavoro hanno avuto meritato riconoscimento con tutta una serie di prestigiosi incarichi e di significative nomine, pur restando la Soprintendenza ai Beni storico-artistici di Bologna e la sua Pinacoteca il fulcro del suo indefesso lavoro di studioso e di operatore culturale.
A lui si deve, nel 1974, la fondazione insieme a Pier Luigi Cervellati e Giovanni Losavio dell’Istituto regionale per i Beni culturali, un organismo che ebbe un ruolo incisivo e, per certi aspetti, determinante nella realizzazione del progetto di ricomposizione del centro storico di Venzone. Vale la pena ricostruire, se pur brevemente, le vicende di questo rapporto tra Bologna e Venzone se non altro perché la memoria storica tende inesorabilmente a illanguidirsi per cui ritengo che compito di un’Associazione come gli “Amici di Venzone” abbia il dovere di mantenerla viva perché possa operare anche nel presente. Sconfortati dalle scelte regionali che scorporavano la problematica della ricomposizione dei centri storici e della salvaguardia, più in generale, dei Beni culturali dalla legislazione sulla ricostruzione in Friuli – stabilendo un’assurda sequenza tra un “prima” e un “dopo” -, mi ricordai di una frase di Andrea Emiliani per cui, a suo giudizio, passava un maggior numero di problematiche culturali sul tavolo del sindaco di un pur piccolo borgo di quante ne passassero sulla scrivania del Direttore Generale del Ministero dei Beni culturali. Tramite Marisa Dalai e altri amici ottenni di essere ricevuto, a nome del Comitato “19 marzo”, presso l’Istituto regionale per i Beni culturali di Bologna, anche nella consapevolezza – non esito ad ammetterlo – di poter trovare un qualche ascolto in un organismo che indubbiamente rappresentava, se pur in pochi anni di attività, un fiore all’occhiello della Sinistra italiana, mentre a Venzone e in Friuli dovevamo subire, anche da parte dei partiti di sinistra, una desolante e rozza chiusura. Rimane viva in me l’emozione di quell’incontro, che non fu certo l’unico, ma che si ripeté in molte altre occasioni perché in quell’Istituto non trovai soltanto ascolto ma, con mio grande stupore, fattiva collaborazione: si stabilì subito un progetto per un intervento finanziario della Regione Emilia-Romagna al fine della ricomposizione della chiesa di S.Giacomo, che conteneva un prezioso ciclo di affreschi di Vitale da Bologna e della sua scuola. Superate non poche difficoltà burocratiche, sopra tutto per merito del Vicepresidente dell’Istituto Angiola Sbaiz, di chiara origine friulana, l’erogazione del finanziamento consentì comunque l’avvio del cantiere di ricomposizione della chiesa. Il X numero del Bollettino dell’AAV fu dedicato interamente a questa riedificazione, inaugurata il 15 maggio del 1982: quanto, a mio giudizio, sarebbe opportuno riprendere in mano quel testo e leggere - se non altro – quello che scriveva Pier Luigi Cervellati sulla “riconquista di un bene” operata da una cittadinanza aperta con discernimento ai contributi più affidabili della scienza e della tecnica in una più ampia cornice di definite direttrici culturali.
Andrea Emiliani aveva seguito tutte le fasi della ricomposizione di quel bene e aveva intuito come essa avrebbe potuto costituire il paradigma per il ben più complesso cantiere di riedificazione del Duomo di S.Andrea apostolo: per questo fu nominato dall’Arcivescovo di Udine nel Comitato per il ripristino del Duomo di Venzone contribuendo alla stesura di quel “Progetto Culturale” che rimane una pietra miliare nella valutazione delle possibilità di ricomposizione del patrimonio architettonico dopo catastrofe.
Per oltre sessant’anni, l’ingegno e l’opera di Andrea Emiliani hanno profondamente inciso nella vita culturale non solo del nostro Paese ma ben oltre i confini dell’Italia: anche Venzone ha beneficato del suo intervento che non si è semplicemente limitato alla ricomposizione di quella che è tradizionalmente considerata la sua chiesa matrice ma, con maggiore perspicuità scientifica, ha contribuito all’elaborazione di un modello ricostruttivo in grado di recuperare, contro ogni spreco, quella memoria storica che costituisce un carattere imprescindibile di ogni identità. Mi auguro che la AAV trovi le forme più adeguate per esprimere il suo cordoglio e serbare il ricordo di questo amico.
Remo Cacitti